Voto politico alle donne italiane

print

Petizione del 1877

La petizione per il voto alle donne del 1877, presentata da Anna Maria Mozzoni, pubblicata su «La voce del popolo» l’11 marzo 1877 e su «La donna», il 30 marzo dello stesso anno, manifestò la rivendicazione di un diritto emersa come opinione prevalente durante le discussioni elettorali sulla destinazione, piú o meno naturale, che avrebbero dovuto avere le donne.

 

Anna Maria Mozzoni. (1837-1920)

Anna Maria Mozzoni. (1837-1920)

Chiedo di considerare le donne per ciò che sono: cittadine, contribuenti, capaci! (Anna Maria Mozzoni)

 

Di seguito il testo della Petizione.

Signori Senatori, Signori Deputati
Il presidente del consiglio dei Ministri nel suo programma di Governo, il quale ebbe efficacia di commuovere a speranza tutti gli italiani, stigmatizzò alcune leggi che basandosi sopra nude persecuzioni legali infirmano la realtà. Ora una classe innumerevole di cittadini trovasi avviluppata in una veste giuridica, la quale, emanazione di tempi disparati, reliquia di tradizioni antiquate, che il progresso delle scienze sociali ha demoliti da ogni altra parte, rappezzatura di Diritto Romano e di diritto consuetudinario straniero, astrae dalla realtà presente e si afferma come un fatto isolato nel corpo delle istituzioni moderne.

Ora questa massa di cittadini che ha diritti e doveri, bisogni ed interessi, censo e capacità, non ha presso il corpo legislativo nessuna legale rappresentanza, sicché l’eco della sua vita non vi penetra che di straforo e vi è ascoltata a malapena.

1906

Noi italiane ci rivolgiamo perciò a quel Parlamento, che col Governo ha convenuto doversi alla presunzione sostituire la realtà, affinché posti in disparte i dottrinarii apprezzamenti e le divagazioni accademiche sulla entità e modalità della nostra natura, e sul carattere della nostra missione, voglia considerandoci nei nostri soli rapporti con lo Stato, riguardarci per quello che siamo veramente: cittadine, contribuenti e capaci, epperò non passibili, davanti al diritto di voto, che di quelle limitazioni che sono o verranno sancite per gli altri elettori.

A questa parità di trattamento con i cittadini dell’altro sesso, non conoscendo noi altro ostacolo che la tutela della donna maritata, domandiamo che sia tolta, come non d’altro originata che dalla legale presunzione della nostra incapacità, facendo noi considerare agli onorevoli legislatori, che avendo il Governo italiano promosso con ogni cura l’istruzione femminile e trovandoci noi, perciò, al giorno d’oggi, alla eguale portata intellettuale di una quantità di elettori che il legislatore dichiara capaci, stimiamo che nulla costi acché venga a noi pure accordato il voto politico, senza del quale i nostri interessi non sono tutelati ed i nostri bisogni rimangono ignoti.

Fiduciose nella saviezza e giustizia dei legislatori, le sottoscritte insistono perché sia fatta ragione alla loro domanda.

(Venezia, 30 marzo 1877).

 

Decreto legislativo Luogotenenziale 1° febbraio 1945. Estensione alle donne del diritto di voto.
(Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 Febbraio 1945, n° 229). Link al Documento originale del Decreto

Umberto di Savoia, Principe di Piemonte, Luogotenente Generale del Regno.

In virtù dell’autorità a Noi delegata;
Visto il decreto legislativo Luogotenenziale 28 settembre 1941, n° 247, relativo alla compilazione delle liste elettorali;
Visto il decreto legge Luogotenenziale 25 Giugno 1944 n°151;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, il Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro per l’Interno, di concerto con il Ministro per la Grazie e la Giustizia;
Abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

Art.1.
Il diritto di voto è esteso alle donne che si trovino nelle condizioni previste dagli articoli 1 e 2 del testo unico della legge elettorale politica, approvata con R. decreto 2 settembre 1919, n° 1495.

Art.2

E’ ordinata la compilazione delle liste elettorali femminili in tutti i Comuni.
Per la compilazione di tali liste, che saranno tenute distinte da quelle maschili, si applicano le disposizioni del decreto legislativo Luogotenziale 28 Settembre 1944, n° 247, e le relative norme di attuazione approvate con decreto del Ministro per l’interno in data 24 Ottobre 1944.

Art.3
Oltre quanto stabilito dall’art.2 del decreto del Ministro per l’Interno in data 24 Ottobre 1944, non possono essere iscritte nelle liste elettorali le donne indicate nell’art.354 del Regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R. decreto 6 maggio 1940, n°635.

Art.4
Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno.
Ordiniamo, a chiunque aspetti, di osservare il presente decreto e di farlo osservare come legge dello Stato.
Dato a Roma, addì 1° Febbraio 1945.

Umberto di Savoia.
Bonomi Tupini.
Visto, il Guardiasigilli: Tupini
Registrato alla Corte dei Conti, addì 15 Febbraio 1945.
Atti del Governo, registro n.2, foglio n°85. – Petta.

 

Dagli archivi del Corriere della Sera

Le donne votano per la prima volta, o quasi domenica 2 giugno 1946.

Per la prima volta in Italia votano in una consultazione elettorale nazionale anche le donne. È già successo in primavera, tra il 10 marzo e il 7 aprile, ma si trattava di elezioni locali (erano andati a votare, in 5.722 comuni, 7.862.743 uomini e 8.441.537 donne). Oggi a Roma, dove non ci sono state nemmeno le amministrative di primavera, le donne ai seggi si sono subito rivelate in netta maggioranza sugli uomini. Il diritto di voto alle donne è stato riconosciuto da un decreto emanato dal governo Bonomi il 31 gennaio dello scorso anno, con il Paese diviso e il Nord ancora sotto l’occupazione tedesca. [Nu. Cds, 2/6/1946, Av. 4/6/1946]

 

Come si vota al referendum domenica 2 giugno 1946.

Il voto per la repubblica o per la monarchia si dà con la scheda per il referendum segnando una crocetta nel quadratino posto di fianco al distintivo: la donna turrita sullo sfondo dell’Italia per la repubblica, lo stemma sabaudo, pure con lo sfondo dell’Italia, per la monarchia. Il voto di lista per la Costituente si dà segnando una crocetta nel quadratino che si trova accanto al distintivo di ogni lista e che porta il numero della lista stessa. [Nu. Cds 2/6/1946]

 

Senza rossetto nella cabina elettorale domenica 2 giugno 1946.

Voto-donne

Al seggio meglio andare senza rossetto alle labbra. Siccome la scheda deve essere incollata e non deve avere alcun segno di riconoscimento, le donne nell’umettare con le labbra il lembo da incollare potrebbero, senza volerlo, lasciarvi un po’ di rossetto e in questo caso rendere nullo il loro voto. Dunque, il rossetto lo si porti con sé, per ravvivare le labbra fuori dal seggio. Perché, come ha scritto Dorothy Thomson, «non è azzardato affermare che saranno le donne a far pendolare la bilancia in favore della monarchia o della repubblica». [Nu. Cds 2/6/1946]

 

Lunghe code davanti ai seggi domenica 2 giugno 1946.

Grande fermento ovunque, nelle città e nei piccoli centri. Gli italiani sono impazienti di tornare a votare dopo oltre vent’anni, o di votare per la prima volta: fin dalle prime ore del mattino si formano lunghe code ai seggi. A Torino gli elettori sono in fila già fra le 3 e le 4, a Roma alle 5, assai prima che le sezioni aprano i battenti. A Firenze a mezzogiorno e mezzo ha già votato il 50 per cento. Nella capitale si calcola che quattro quinti degli elettori si siano presentati alle urne contemporaneamente, nella mattinata. Non ci sono state differenza di età o cattive condizioni di salute a moderare l’afflusso. Le donne, numerosissime, le più pazienti: «Abituate alle estenuanti file della guerra, quest’ultima è sembrata fatica leggera e sopportabile». A Roma l’affluenza ha toccato il massimo a mezzogiorno, e l’attesa è sembrata più lunga anche per colpa del sole. Qualche donna è svenuta per stanchezza. Alle 22, ora di chiusura dei seggi in questa prima giornata elettorale, l’affluenza alle urne è molto alta: tra l’80 e il 90% in alcune sezioni di Milano, l’85 a Pavia e Piacenza, l’82% a Firenze, a Roma il 67% (quando mancano ancora i dati di alcune decine di sezioni), sopra il 60% a Napoli. [Mes. 4/6/1946, Av. 4/6/1946]