Sparse sul pianeta ci sono 20000 bombe nucleari.

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Che mondo lasceremo alle generazioni future?

Ma siamo sicuri che chi verrà dopo di noi avrà un posto in cui vivere, nascere e morire in pace? Non faremo, invece saltare tutto per errore, distrazione, manie di grandezza, supremazia mondiale, o imperialismo compulsivo?

Sparse nel mondo ci sono circa 20000 bombe nucleari attive (l’equivalente di 600000 bombe di Hiroshma!), di cui 1800 operative in circa 15 minuti, cioè in “stato di allerta massima permanente”, attivabili ad un cenno e in grado di traguardare il bersaglio, viaggiando a 25000 km/ora, in 20-40 minuti.

Peccato che ad un cenno dell’aggressore seguirebbe un cenno di risposta dell’aggredito. Nessun vincitore, dunque, ma solo vinti. E non si può neppure parlare di mal comune mezzo gaudio, ma solo di mal comune, anzi per la verità di suicidio di massa. Chiunque, quindi, si senta parte di questo mondo e intenda preservarlo se ne dovrà assumere la responsabilità e prodigarsi per difenderlo. Inutile sperare nei politici: l’opacità perpetrata sugli armamenti nucleari, la loro evoluzione e le strategie adottate dai vari Paesi, è quasi totale. E forse pochi sanno che fino ad oggi sono già stati eseguiti più di 2000 test di bombe nucleari, con forti dispersioni di radioattività su tutto il pianeta, tra questi quelli nel Sahara (Reggane, Hoggar) e in Polinesia (Mururoa, Fangataufa).

 

Potenza distruttiva delle bombe nucleari H
1 bomba è sufficiente a distruggere una grande città
100 bombe bastano a eliminare un intero Paese
1000 bombe sono in grado di distruggere tutto il Pianeta.

 

Il 25 Settembre 1961, lo stesso presidente John Fitzgerald Kennedy, in un discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dichiarava: «Ogni uomo, donna o bambino vive sotto una spada nucleare di Damocle, appesa a dei fragili fili che possono essere tagliati ad ogni momento per incidente o per errore o per follia.

Queste armi di guerra mostruose devono essere abolite prima che esse ci aboliscano. I negoziati sul disarmo devono riprendere rapidamente e continuare senza interruzione finché un programma di disarmo generale e completo non sarà stato non soltanto accettato, ma anche realizzato (…). Questo programma deve comportare una riduzione drastica delle forze nucleari e convenzionali, fino all’abolizione di tutti gli eserciti e di tutte le armi, salvo quelle necessarie per assicurare l’ordine interno e quelle per una nuova forza di pace delle Nazioni Unite.»

In quello stesso anno, il 24 Novembre, nella Risoluzione 1653 (XVI), dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’uso delle armi di distruzione di massa venne dichiarato “un crimine contro l’Umanità e la civiltà”.

 

La Guerra Fredda e la nascita dell’Europa Unita.

Ma perché sono state allestite migliaia di bombe nucleari?

Durante la Guerra Fredda l’ipotesi di una terza Guerra Mondiale prevedeva una prima fase in cui l’Europa occidentale sarebbe stata invasa dai carri armati sovietici. Per fronteggiare quest’ipotesi la Francia allestì un’armamento nucleare sufficiente a bombardare in primo luogo i fantomatici carri armati e subito dopo alcune città sovietiche, in modo da ottenere una forza d’urto (force de frappe) così organizzata: una serie di lanci di avvertimento (frappe d’avertissement) che impiegavano bombe nucleari, ciascuna della potenza di 10-20 volte quella di Hiroshima, precedevano i lanci di annientamento (frappe d’anéantissement) per i quali veniva mantenuto in stato di allerta permanente almeno uno dei tre sottomarini disponibili, attrezzato di 96 bombe nucleari, equivalenti nell’insieme a 1000 bombe di Hiroshima.

Naturalmente l’Unione Sovietica, con un armamento nucleare cento volte superiore non sarebbe certo rimasta a guardare, ma avrebbe risposto prontamente, distruggendo all’istante tutta la Francia.

La stessa costituzione dell’Unione Europea funzionava anche come solidarietà preventiva tra i Paesi occidentali, di dissuasione verso una potenziale invasione sovietica.

E come se non bastasse anche la nascita dell’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) contribuì a far dialogare in diverse occasioni Stati in conflitto tra loro, così come l’Onu permise regolari incontri proprio tra gli antagonisti della Guerra Fredda.

Bisogna tener conto che nel corso della seconda metà del secolo scorso le occasioni di allarme e conflitto non furono poche, dalla crisi di Cuba nel 1962, dovuta all’istallazione di missili nucleari puntati sugli Stati Uniti, agli anni Ottanta con gli euromissili nucleari, questa volta schierati dagli Stati Uniti alle frontiere con i Paesi dell’Europa dell’Est.

 

Trattati e Convenzioni Internazionali

Nel 1946, dopo Hiroshima e Nagasaki, l’assemblea delle Nazioni Unite chiese delle proposte per l’eliminazione degli armamenti nucleari e di tutte le armi di distruzione di massa.

Tre anni dopo, nel 1949, a Ginevra veniva sottoscritta la Convenzione, ancora in vigore, che affermava che i civili devono essere protetti da ogni atto ostile e che tutte le rappresaglie contro di loro e i loro beni sono strettamente proibite.

E arriviamo al famoso 1961. Quell’anno l’Onu statuì l’interdizione dell’impiego delle armi nucleari e termonucleari sottoscrivendo che “Ogni Stato che impiega delle armi nucleari o termonucleari commette una violazione della Carta delle Nazioni Unite, agisce nel disprezzo delle leggi dell’Umanità e commette pertanto un crimine contro l’Umanità e la Civiltà.

Nel 1996, la Corte Internazionale di Giustizia affermava che “l’arma nucleare non può sfuggire alla sua applicazione e se in un determinato caso, per qualsiasi ragione, l’impiego della forza è illecito, la minaccia di ricorrervi lo è ugualmente”. A questa si aggiungeva lo Statuto di Roma, entrato in vigore nel 2002, che consente alla Corte Penale Internazionale di giudicare un capo di Stato che avesse deciso un attacco nucleare contro una città. Facendo riferimento ad un atto sistematico diretto contro la popolazione civile e alla consapevolezza, per gli autori di questi crimini, di partecipare ad un tale attacco.

 

Trattati e Convenzioni Internazionali contro lo sviluppo e l’utilizzo delle Armi di Distruzione di Massa.

Partial Test Ban Treaty (PTBT).

Trattato sullo Spazio Extra-Atmosferico.

Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP).

Seabed Arms Control Treaty.

Comprehensive Test Ban Treaty (CTBT).

Convenzione per le Armi Biologiche.

Convenzione sulle Armi Chimiche.

 

PAESE BOMBE POSSEDUTE
USA 7300
Russia 8000
Francia 300
Gran Bretagna 225
Cina 250
Israele 80
India 100
Corea del Nord 7
TOTALE 16370

 

USA BOMBE DISTRIBUITE
Germania: Büchel 20
Belgio: Kleine-Brogel 20
Italia: Aviano 50
Italia: Ghedi-Torre 40
Paesi Bassi: Volkel 20
Turchia: Incirlik 90
TOTALE 240

 

PAESE BOMBE IN ALLERTA
USA 860 (15 minuti)
Russia 880 (15 minuti)
Francia 96 (alcune ore)
TOTALE 1800 (equivalenti a 50000 bombe di Hiroshima)

 

LUOGO TEST NUCLEARI
Hiroshima: 6 Agosto 1945 15 Ktons di TNT/U235
Nagasaki: 9 Agosto 1945 20 Ktons di TNT/U239
Nuova Zembla(Oceano Artico): 30 Ottobre 1961. Bomba Tzar: 3800 bombe di Hiroshima
Siti Sotteranei 1500
Nell’Atmosfera 574

 

TNP,  Trattato di non Proliferazione Nucleare.

Il Trattato, nato nel 1968, proibisce agli Stati firmatari “non nucleari” di procurarsi armamenti nucleari e agli Stati firmatari “nucleari” di rifornire ai primi tecnologie belliche nucleari. Anche il trasferimento di tecnologia nucleare destinata alla produzione di energia elettrica deve avvenire sotto lo stesso controllo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA).

Nel 1968 il Trattato fu sottoscritto da Unione Sovietica, Gran Bretagna e Stati Uniti, seguiti nel 1992 da Francia e Cina e dalla Corea del Nord nel 1985, che però ne uscì nel 2003, dopo aver rifiutato le ispezioni perché sospettata di costruire di nascosto ordigni atomici. Attualmente gli Stati firmatari sono 189. Nel 1986 il numero di ordigni nucleari calcolati era di 69.440 unità ora si è ridotto a 23.000.

Una serie di recenti eventi hanno visto sedere al “tavolo del disarmo nucleare” i principali Stati del Mondo e l’insieme delle ONG impegnate sul fronte dell’abolizione nucleare globale, per forzare la sottoscrizione del Trattato di non Proliferazione Nucleare, (TNP).

Sullo stesso tema si è espressa la Conferenza di Oslo, sulle conseguenze umanitarie devastanti di una guerra nucleare, a cui hanno partecipato 127 Stati e diverse ONG, a Marzo del 2013.

Seguita da una seconda sessione in Messico (a Nayarit), a Febbraio del 2014, che ha visto crescere la partecipazione, oltre che di numerose ONG, anche di 146 Stati.

Lo scopo finale di tutti questi incontri è quello di far entrare in vigore un Trattato Internazionale di Interdizione delle Armi Nucleari che obblighi, seppur indirettamente, anche i Paesi non firmatari al rispetto del Trattato.

Nell’ultimo incontro, infatti, sul tema “Le conseguenze umanitarie di una guerra nucleare”, svoltosi in Austria, a Vienna, dal 6 al 9 Dicembre 2014, che ha visto riuniti 600 “attivisti” provenienti da tutto il mondo e numerose delegazioni da 158 Stati, 44 di questi si sono impegnati a sostenere un’iniziativa che porti a concretizzare il Trattato Internazionale di Interdizione delle Armi Nucleari.

Ma la questione non è affatto semplice, ed è emersa in tutte le sue asperità durante la Conferenza di Revisione quinquennale del NTP, tenutasi dal 27 Aprile al 22 Maggio 2016 a New York, e riunitasi per fare il punto sui progressi raggiunti a partire dal 2010, sul disarmo progressivo concordato dagli allora 189 Paesi firmatari.

L’incontro si è concluso, infatti, senza il tradizionale consenso finale, per il rifiuto da parte di USA, Gran Bretagna e Canada di accettare la dead-line del 1° Marzo 2016, fortemente richiesta dall’Egitto, per la Convocazione di una Conferenza sulla “Creazione di una Zona esente da armi nucleari (ZEAN) in Medio Oriente”.

Durante l’incontro è invece stato firmato da 107 Stati l’Humanitarian pledge lanciato dall’Austria all’ultima Conferenza di Vienna, per colmare il vuoto giuridico del TNP, con un Trattato Internazionale di Proibizione delle Armi Nucleari, e che afferma che “Le riduzioni non costituiscono disarmo a meno che non siano intraprese nell’ambito di un quadro per l’eliminazione totale.

 

Ma cosa era successo a New York ?

Durante le 4 settimane di confronto era emerso con forza che gli “Stati dotati di armamenti nucleari”, Francia in testa, volevano continuare a procedere “step by step”, modernizzando le loro dotazioni nucleari (bombe, missili, basi di lancio) ed eliminando, semplicemente, quelle obsolete o superflue, e sostenendo che in questo modo avrebbero contribuito a mantenere la “stabilità” nel mondo, un po’ come durante la Guerra Fredda.

Dall’altra parte, la maggior parte degli “Stati non dotati di armamenti nucleari”, come Cuba/Caraibi, America Latina e Africa del Sud in testa, rifiutarono sistematicamente di dare il proprio consenso ai testi successivamente elaborati per ottenere, invece,  dagli “Stati dotati di nucleare”, un programma di disarmo effettivo, rapido, con scadenze fissate e verificabile, oltre al varo di un “Trattato Internazionale di Interdizione delle Armi Nucleari”.

A questo proposito Alexander Kmentt, ambasciatore dell’Austria all’ONU aveva dichiarato «At its core the NPT has a reality gap, a credibility gap, a confidence gap and a moral gap».

Cuba, infatti, aveva condannato l’ammodernamento degli arsenali nucleari, seguita dai Paesi dell’America Latina, e chiesto che entro 20 anni a partire dal 2015 fossero eliminate tutte le armi nucleari. Il Brasile appoggiava la richiesta, ma senza stabilire una data limite e l’Austria presentava il famoso Humanitarian Pledge, che eliminava la lacuna giuridica per la proibizione e l’eliminazione delle armi nucleari e sostenendo che le riduzioni non costituivano disarmo a meno che non fossero intraprese nell’ambito di un quadro per l’eliminazione totale.

Nel frattempo la trasparenza russa diminuiva in seguito alla sua decisione di non rilasciare pubblicamente dati dettagliati sulle forze nucleari strategiche, anche se condivideva informazioni con gli Stati Uniti nell’ambito del nuovo Trattato START, sottoscritto nel 2010.

La Cina, invece, poco trasparente, rilasciava solo pochissime informazioni sulle forze nucleari in suo possesso o sul sistema di produzioni delle stesse.

Anche le informazioni sugli armamenti di Israele, Pakistan e India erano difficili da reperire, tre Stati che per altro non avevano mai aderito al TNP e che condividevano il principio di deterrenza nucleare minima, che non esclude però in modo esplicito il primo uso delle armi nucleari. Questi tre Paesi stavano tra l’altro incrementando i propri arsenali nucleari sia di dimensione sia di sofisticazione, e stavano altresì sviluppando nuovi sistemi missilistici e incrementando la loro produzione di materiale fissile, a partire da Uranio e Plutonio, destinato ad armi termonucleari avanzate.

Nel rapporto SIPRI Year Book, desta poi forte preoccupazione la proliferazione nucleare di Siria e Iran, che sono accusate di occultamento di attività nucleari di stampo militare. Da un’indagine triennale dell’Agenzia Internazionale IAEA, per l’Energia Nucleare, sembra che un edificio distrutto in Siria, nel 2007 da un attacco israeliano, fosse in realtà un reattore nucleare non dichiarato. La stessa Agenzia riferisce anche di aver accertato che l’Iran ha svolto in passato attività militari nucleari di cui alcune sono ancora in corso. Entrambi questi Paesi hanno aderito al TNP, ma a nulla sono valse le cinque risoluzioni emanate a partire dal 2006 dal Consiglio di Sicurezza a seguito delle difficoltà incontrate dagli ispettori nell’effettuare i controlli.

 

L’ipocrisia del TNP

Con quale diritto i cinque Stati iniziali, in possesso di un cospicuo armamento nucleare, chiedevano ad altri Paesi di rinunciare definitivamente a qualsiasi arma nucleare, senza essere loro stessi, per primi, costretti a rinunciarvi?

Come mai il TNP prevede un supporto ai Paesi firmatari che chiedano di sviluppare sul loro suolo un impianto nucleare civile, quando questo può essere la premessa per una via privilegiata al nucleare militare e lo sviluppo per i Paesi Aiutanti (i cinque Stati Iniziali Nuclearizzati) di un redditizio mercato economico come è accaduto per gli Stati Uniti verso il Giappone con l’impianto di Fukushima.

E poi mentre il TNP prevede l’apertura di negoziati per l’eliminazione delle armi nucleari non prevede un calendario che precisi le scadenze entro le quali le stesse verranno eliminate e non vieta neppure la modernizzazione di quelle esistenti. La modernizzazione continua di queste armi consente a chi ne detiene lo sviluppo tecnologico di erigere un gap verso chi non le detiene e incoraggia gli Stati Nuclearizzati ad aiutare gli altri ad acquistare queste nuove tecnologie di cui però non dominano il processo e favorisce quindi oltre al dominio commerciale anche quello politico internazionale. Se poi si aggiunge che questi Stati nuclearizzati sono anche gli stessi che siedono in modo permanente al Consiglio di Sicurezza con diritto di veto è chiaro che il potere internazionale cresce a dismisura.

A questo punto l’unica soluzione sarebbe stata, quindi, quella dell’abolizione totale delle armi nucleari.

In questa direzione si erano già mossi molti Stati e importanti Ong. L’opposizione più forte a questo progetto arrivò però proprio dai principali Stati dotati di armi nucleari, quali Russia, Stati Uniti e Francia e anche dagli alleati degli stessi, riuniti nella Nato. Anche per l’entrata in vigore almeno del Trattato di Interdizione completa dei Test nucleari, non si raccolse il consenso necessario e tra i maggiori oppositori vi erano ancora gli Stati Uniti. Lo stesso dicasi per la soppressione dello stato di allerta permanente, richiesto da tutti gli Stati privi di armi nucleari, e totalmente disatteso da parte degli Stati nuclearizzati.

Nel 2012, Stéphane Hessel, e Albert Jacquard, scrissero un piccolo libro intitolato “Exigez!” (Esigete!), in cui chiedevano “un dibattito urgente e pubblico su questi temi, di portata immensa e di estrema gravità, tanto sul piano nazionale che regionale e internazionale. I partiti politici e i partner sociali dovrebbero giocare un ruolo maggiore in questo processo, allo stesso modo che i mass media e le reti sociali che si sono potentemente sviluppate in questi ultimi tempi. Lo scopo è anche quello di far evolvere la democrazia in questo campo. In effetti, l’opacità dei governi ha troppo a lungo privato le nostre società del diritto a un pubblico dibattito seguito da una partecipazione effettiva al livello delle decisioni”.

di Adriana Paolini

 

Linkografia

http://www.sipri.org/media/newsletter/essay/june-15-NPT

http://abolitiondesarmesnucleaires.org/

Fondato nel 1980, è un collettivo che raggruppa associazioni e movimenti nazionali che chiedono l’abolizione delle armi nucleari.

http://www.obsarm.org/

Centro studi indipendente, nato a Lione nel 1984, sostiene le attività della società civile su questioni di difesa e sicurezza per un disarmo progressivo.

http://www.sipri.org/research/armaments/transfers/transparency/national_reports/italy/italy_12_1.pdf