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La taranta: storia di musica e magia

Pubblicato il 05 marzo 2013 da redazione

taranta1Non esiste terra, regione o paese al mondo che non abbia una propria tradizione musicale, più o meno recente. Ed è proprio nella tradizione e nelle antiche credenze popolari che affonda le sue radici la tarantella, che, con le dovute variazioni da regione a regione, può essere ritenuta la forma di musica e di danza più diffusa in tutto il Sud Italia. Oggi essa è simbolo di festa, di vivacità, di arte e di spettacolo; lo testimoniano gli innumerevoli concerti, le piazze dei paesini che si animano al ritmo di semplici accordi, i festival e le manifestazioni, tra cui la più importante è sicuramente “La Notte della Taranta”, durante la quale trovano spazio sul palco tutti i maggiori esponenti della musica folkloristica nazionale e internazionale.

Ma per capire bisogna guardare al passato, al Salento e a un fenomeno molto diffuso in questa terra: il “tarantismo”. Le antiche credenze popolari, infatti, attribuivano al morso della tarantola, un ragno velenoso tipico della zona, uno stato morboso da cui era possibile essere liberati attraverso una forma di musica. La tarantata (colei che era stata morsa dal ragno) accusava sintomi paragonabili a quelli di una crisi epilettica: nausea, vomito, contorcimenti, lamenti e la totale impossibilità di scegliere e di reagire. Si riteneva allora che l’unico modo per espellere il veleno fosse una particolare danza cui la donna era sottoposta: la “pizzica-tarantata”. La musica era eseguita da quattro tipi di strumenti musicali: il violino, la chitarra, il tamburello, la fisarmonica, attraverso cui lei s’identificava con il ragno che la possedeva. Ciò permetteva di eseguire gli stessi movimenti che il ragno compie nel tessere la tela, in modo da sfinire la persona e, uccidere il ragno che era in lei.

Pizzica-e-Taranta-laterradipuglia.it_-586x340Un esorcismo musicale in piena regola: i musicisti si disponevano attorno alla tarantata sdraiata sul letto e cominciavano a provare alcune melodie che potessero identificare il tipo di ragno e rimuoverne l’effetto. La donna quindi cominciava a muoversi al ritmo della musica eseguita, dando il via alla prima fase del ciclo: l’identificazione con il ragno. In questa fase la tarantata compiva una serie di movimenti simili a quelli del suo “possessore”: strisciava sul dorso, muoveva violentemente la testa al ritmo della musica accompagnandosi anche con il movimento delle gambe, faceva qualche giro, muovendo la testa aritmicamente. In una seconda fase poi, detta del “distacco agonistico”, la donna iniziava con un salto in piedi improvviso, cui seguiva una serie di saltelli, compiendo, con un fazzoletto in mano, alcune figure tipiche della tarantella tradizionale. In questa fase la posseduta immaginava di lottare con il suo possessore e di sconfiggerlo. Sfinita dallo sforzo fisico e psicologico, la donna cadeva a terra alla fine del rito.

Il fenomeno del tarantismo colpiva soprattutto le donne e i contadini poveri dei grandi latifondisti, di solito durante il periodo estivo, quando essi trascorrevano più tempo in campagna per dedicarsi alla mietitura del grano o alla vendemmia. Ernesto De Martino, tra i più illustri etnologi italiani, ne ritrae una rappresentazione ineguagliabile e senza tempo nel suo libro “La terra del rimorso”; ha inoltre voluto dare una chiave di lettura diversa del tarantismo, legata alla possibilità di un “riscatto sociale”, un’occasione catartica attraverso la quale la donna o il contadino potevano sentirsi pienamente liberi. L’uomo e le sue radici, dunque: il filo di logica continuità tra passato presente e futuro sta in questo connubio indissolubile, nella tradizione che ognuno porta con sé e dovunque si trovi nel mondo lo tiene stretto alla propria terra.

Dopo un periodo di rimozione della tarantella, vista come elemento di arretratezza culturale, a partire dagli anni ’70 il genere musicale è stato riscoperto e valorizzato, fino a diventare oggi una delle musiche più ballate e suonate dai giovani. Proprio per questo, abbiamo deciso di fare qualche domanda a un gruppo di giovani musicisti, che, piuttosto che suonare rock o blues, hanno deciso di impegnarsi nell’ambito della musica folkloristica pugliese, in particolar modo del Gargano. Loro sono gli Etnomusicantes e, in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia, sono stati premiati come gruppo d’interesse nazionale.

tarantanera--620x385Intervista

1) Anzitutto, cosa vi ha spinto e cosa vi spinge ogni volta sul palco a esprimere la vostra musica attraverso la taranta?

“Ci troviamo nella terra della tarantella e da un certo punto di vista è stato quasi come obbedire a un richiamo naturale. La tarantella non è semplicemente un ballo o quattro accordi, ma una filosofia di vita. Il ritmo della tarantella è contagioso, ti entra nelle vene; quando lo ascolti, anche se non conosci il significato delle parole dialettali, è impossibile rimanere fermi. Perciò, non deve apparire strana questa nostra scelta di dedicarci alla musica folk.”

2) Nella vostra musica come emerge il rapporto con la terra e cosa significa per voi suonare musica popolare?

“La nostra terra è piena di paesaggi, nonché di tradizioni culturali e popolari che vanno protette e trasmesse ai posteri, perché connotano l’identità di ciascuno di noi e rappresentano un ponte tra passato e futuro. Se ci si ferma un attimo ad ascoltare i testi delle canzoni che suoniamo, ci si rende conto di come essi, benché molto semplici, parlino dell’identità stessa di questa terra, generosa e genuina, come i suoi abitanti del resto. Spesso andiamo in giro per i paesi del Gargano con un registratore in mano per raccogliere gli stornelli e le canzoni locali cantate da simpatici vecchietti, forse un po’ “allegri” a volte, ma tremendamente veri e con un repertorio davvero infinito! Una volta soddisfatti di quello che abbiamo raccolto, analizziamo testi e musiche e li arrangiamo. Questo è quello che facciamo: un’attività ininterrotta di ricerca, per continuare a essere i custodi di un patrimonio culturale che rischia di essere perduto.”

3) E quale credete che possa essere l’importanza delle tradizioni popolari per i giovani come voi?

“Noi crediamo che nell’era della globalizzazione e dell’ipertecnologica, il ricordo delle proprie origini e delle tradizioni popolari sia fondamentale per poter mantenere una propria identità; c’e’ una sete di cultura delle diversità, un forte desiderio di custodire le proprie differenze. Ma bisogna anche dire che nel nostro Paese gli investimenti per la cultura musicale (e non solo) sono delegati alle iniziative di singoli o di associazioni. Come e possibile che queste passioni, queste iniziative non siano contagiose, che lascino indifferenti così tanto e tanti?” 

4) Ma in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia voi siete stati premiati come gruppo di interesse nazionale. Credete sia un buon primo passo per attribuire a un genere molto spesso ritenuto minore la sua giusta importanza?

“Beh sicuramente è un passo avanti. Anzitutto perché sembra si stia cominciando a capire che la musica popolare non è figlia di un dio minore, e al tempo stesso si sta scrollando di dosso la scomoda etichetta di fenomeno antropologico kitsch. Ricordiamo anche che nel Marzo 2010 l’allora ministro per i beni e le attività culturali, Sen. Bondi, con un suo decreto ha istituito il “tavolo nazionale per la promozione della musica popolare”. E questo è stato un gesto importante, perché non dimentichiamoci che sul territorio nazionale ci sono migliaia di gruppi come noi che sono intesi da un lato come espressione culturale tipica dei nostri territori, ma anche come bacini di aggregazione sociale e culturale che favoriscono relazioni tra diverse generazioni, sviluppano le capacità nell’esecuzione musicale, avvicinano un ampio pubblico alla musica, valorizzano la ricca tradizione locale e regionale e sviluppano la voglia di sapere e di ricercare nel passato per meglio capire il presente e, forse, anche il futuro.”

Video

Il ballo della tarantola, Etnomusicantes

http://www.youtube.com/watch?v=XJaMJ2rNAqA

Fonti

http://www.facebook.com/etnomusicantes

http://www.youtube.it/nomadae

La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud. Ernesto de Martino, Il Saggiatore, Milano, 1961

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