Hai un pessimo gusto musicale? Colpa della tua educazione.

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Il mondo che ascolta, è quello che modella la musica che ci piace.

Justin Bieber è un genio musicale o un hack di talento? Quello che “crediamo” dipende dalle nostre esperienze culturali.

Ad alcune persone piace ascoltare i Beatles, mentre altri preferiscono i canti gregoriani. Le preferenze musicali sembrano essere modellate principalmente sull’educazione culturale di una persona e le sue esperienze, piuttosto che su fattori biologici.
“I nostri risultati mostrano che vi è una profonda differenza culturale” nel modo in cui le persone rispondono ai suoni consonanti e dissonanti, dice Josh McDermott, uno scienziato cognitivo del Massachusetts Institute of Technology, di Cambridge e autore di uno studio sulle preferenze musicali. Ciò suggerisce che culture diverse sentono il mondo in modo diverso.

Perché la musica dissonante viene registrata dal cervello come un accordo sbagliato?

La musica è ascritta nei nostri geni e le cellule cerebrali sembrano entrare in sintonia con la musica.

 

 

Lo studio di Josh è uno dei primi a mettere alla prova una questione secolare. Alcuni scienziati ritengono che il modo in cui le persone rispondono alla musica abbia una base biologica.

Etnomusicologi e compositori di musica, al contrario, pensano che tali preferenze siano più un prodotto della propria personale formazione culturale. Se l’educazione di una persona dà forma alle loro preferenze, allora non sono un fenomeno universale.

Per chiarire la situazione occorreva eseguire un test su delle persone che non avessero avuto molti contatti con la musica occidentale. McDermott e la sua squadra viaggiando in aereo, auto e canoe decidono così di raggiungere i remoti villaggi di Tsimane Chee-MAH-ney, una società indigena nel bacino amazzonico della Bolivia, ai piedi delle Ande. Non solo gli Tsimane sono culturalmente incontaminati dalla musica occidentale, ma la loro musica è anche insolita, nel senso che cantano una sola riga alla volta, piuttosto che delle armonie.

 

Tsimane

Tsimane_2Tsimane-Bolivia Ande

 

Nei loro esperimenti, McDermott e i suoi colleghi hanno comparato le risposte estetico-musicali suonando combinazioni di note eseguite da tre gruppi di persone: gli Tsimane e altri due gruppi di boliviani che avevano sperimentato livelli crescenti di esposizione a musiche occidentali. I ricercatori hanno registrato come ogni gruppo percepiva le note, se piacevoli o spiacevoli. Hanno testato gli accordi consonanti, comuni in molte culture musicali occidentali, e quelli dissonanti.

Gli scienziati hanno, così, stabilito che gli Tsimane sono molto bravi a distinguere i suoni acustici tanto quanto lo sono gli altri due gruppi campione. La maggior parte delle persone preferisce i toni consonanti, ma gli Tsimane non hanno preferenze particolari. “Questo esclude”, secondo McDermott, in modo abbastanza convincente, “che le preferenze musicali nascano con le persone”. “La cultura ha un ruolo. Ci piace la musica con cui siamo cresciuti”, concorda Dale Purves, un neurobiologo presso la Duke University di Durham, North Carolina e aggiunge che Quasi sempre si tratta di una combinazione di fattori naturali e di educazione.”

Robert Zatorre, neuroscienziato della McGill University, di Montreal, Canada, sembra sia abbastanza scettico sul fatto che le influenze culturali determinino le nostre preferenze musicali. Ad esempio, i macachi mancano di una cultura musicale, ma hanno comunque nella parte uditiva del cervello dei neuroni  che rispondono in modo diverso a diversi intervalli di tono. Secondo Zatorre le esperienze culturali hanno ancora un importante ruolo nel plasmare come una persona percepisce i suoni. Tutti gli esseri umani nascono con un cervello e un sistema nervoso simili, ma questi sono flessibili. Lo sviluppo del linguaggio viaggia parallelo a quello dell’educazione musicale di una persona. I bambini appena nati hanno la capacità di discriminare i suoni utilizzati in qualsiasi lingua, ma questa abilità svanisce nel tempo, appena si specializzano nella loro lingua madre. I giapponesi perdono, ad esempio, la capacità di distinguere tra i suoni ‘r’ e ‘l’.

“Il cervello fondamentalmente si sintonizza con l’ambiente che lo circonda”.