Diario di un manager musicale

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Logo_emerg_300dpiTra mille difficoltà ci provo!: Prima puntata.

Ho sempre pensato che, per quanto riguarda l’apprezzamento della musica, le persone si dividano in due categorie: quelle per cui la musica è un piacevole diversivo, un sottofondo, un qualcosa sul cui ritmo muoversi quando si va a ballare, e poi quelle per cui la musica è linfa vitale, quasi una religione, qualcosa da amare con la stessa intensità con cui si ama un genitore, un fratello o un figlio. Io ho sempre fatto parte di questa seconda categoria. Nel film Almost Famous, una ragazza dice: “…quelle non sanno nemmeno che vuol dire essere una fan. Amare così profondamente una stupida canzoncina, una musica, o tutto un gruppo, con così tanto amore che ti fa stare male”. Ecco, io sono così. I miei genitori mi hanno spesso ripetuto che, se fossi vissuta negli anni 70, sarei quasi sicuramente stata una groupie, e io non posso dar loro torto.

Non c’è quindi da stupirsi che il mio indirizzo di studi e la mia scelta di carriera siano ruotati intorno all’ambiente musicale.

Circa tre anni fa, mi sono trasferita a Los Angeles per studiare Music Business all’università. Due anni di corso e un anno di tirocinio dopo, sono tornata in Italia e ora sto cercando di inserirmi nell’industria musicale italiana.

I Miserabili

Un paio di mesi fa, ho risposto a un annuncio su internet di una band che cercava un manager. Lo ammetto, diventare manager di una band non era il mio sogno, o la mia carriera ideale, ma ci si adatta, e quindi sono diventata la manager de “I Miserabili”, una band che fonde insieme elementi di vario genere per creare un sound unico.

Rappresentare una band che propone solo ed esclusivamente canzoni originali non è per niente facile, soprattutto in un Paese come l’Italia dove, come ho già scritto nel mio precedente articolo, i proprietari dei locali non se la sentono di assumersi il rischio di far suonare gruppi che hanno in scaletta solo brani inediti. Nonostante abbia mandato decine di email, sto ancora aspettando dai locali una risposta positiva. In realtà, i proprietari dei locali non possono neanche essere biasimati: parlo con cognizione di causa quando dico che la disparità di pubblico tra un live di una cover band e quello di un gruppo che fa canzoni proprie è tristemente evidente. Qualche settimana fa, parlavo con il chitarrista dei Clairvoyants, la band italiana ufficiale di tributo agli Iron Maiden, e mi ha detto che quando suonano canzoni degli Iron Maiden non solo hanno decine di inaggi all’anno, ma riempiono senza problemi locali come l’Alcatraz di Milano, mentre quando vogliono proporre pezzi originali tratti dal loro album, oltre a suonare raramente, attirano poche decine di persone.

Festival Ammazza la vecchia: passaparola

Una sera, durante una pausa dalle prove, mentre ci stavamo lamentando proprio di questa tendenza che penalizza gli artisti che decidono di fare sentire la propria voce e non quella dei grandi, venuti prima di loro, ci è venuta l’idea di raccogliere adesioni tra altre band che, come noi, hanno difficoltà a suonare, perchè scelgono di non proporre brani cover, e organizzare una sorta di festival di protesta. Abbiamo intitolato l’iniziativa “Ammazza la vecchia”, e al momento stiamo cercando di spargere la voce e di coinvolgere più artisti possibili.

Abbiamo deciso di limitarci alle band rock, perchè è più facile trovare un pubblico disposto ad ascoltare cinque, sei, sette artisti dello stesso genere piuttosto che di generi diversi.

Il passo successivo sarà trovare uno spazio dove poter tenere questo evento, fissare una data e pubblicizzarlo abbastanza da ottenere una discreta affluenza di pubblico. La nostra speranza è quella di riuscire a riscuotere abbastanza successso da poterci presentare ai gestori dei locali dicendo “guardate, anche delle band che propongono pezzi originali riescono ad attirare il pubblico necessario per riempire un locale”.

Sono convinta che possiamo lamentarci finchè vogliamo che in Italia non ci sia spazio per i gruppi emergenti, che solo i raccomandati riescono a sfondare, e che gli imprenditori non aiutano gli artisti a crescere e a farsi conoscere, ma se non siamo noi a fare il primo passo, la situazione non migliorerà mai. E quindi noi abbiamo deciso di compierlo, questo primo passo, sperando che l’iniziativa trovi il seguito che merita.

Contest Emergenza Festival

Nel frattempo, I Miserabili sono stati selezionati per partecipare al contest “Emergenza Festival”, un concorso live internazionale per gruppi emergenti. La prima selezione si svolgerà il prossimo 10 febbario, allo Speakeasy di Rozzano (MI). Ogni gruppo ha a disposizione mezz’ora per proporre brani originali e cercare di accedere, tramite votazione popolare, alla fase successiva. La finale si svolgerà all’Alcatraz di Milano e la band vincitrice rappresenterà l’Italia in un festival rock in Germania. In palio c’è l’organizzazione di un tour europeo e la produzione professionale del proprio album. È un’occasione unica non solo di poter tentare la via del professionismo, ma anche per farsi conoscere dal pubblico, e quindi poter sperare di trovare ingaggi per il futuro.

Insomma, la vita di un musicista in Italia non è semplice, e non lo è nemmeno quella di una manager. Forse questa non sarà la carriera della mia vita, quella che mi darà il necessario per mantenermi, ma è un’inizio. Con un po’ di fortuna, il progetto “Ammazza la vecchia” andrà a buon fine e servirà per farci pubblicità, e magari anche il festival “Emergenza” ci porterà delle soddisfazioni, o sarà anche solo un buon trampolino di lancio. Come inizio, non mi sembra da scartare.

Male che vada, io e “I Miserabili” continueremo comunque ogni venerdì sera a ritrovarci in una sala prove per poter suonare la musica che abbiamo creato, a fare quello che amiamo di più. In fondo, la musica non dovrebbe essere in primo luogo una passione? E sicuramente, a noi quella non manca.

di Simonetta Pastorini