Considerazioni sul FOSS

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Open source

Open source e software libero – ultima parte

Nei precedenti articoli abbiamo visto essenzialmente la storia e gli aspetti tecnici di Linux e del FOSS (Free and Open Source Software) senza trascurarne altri che andremo in qualche modo a riassumere per avere una visone, per quanto possibile, completa di tutta la problematica legata al FOSS stesso.

Un aspetto tecnico generale deve però essere chiaro prima di proseguire: il FOSS non è tecnicamente inferiore al software proprietario, con esso si può fare tutto quello che si fa con quest’ultimo.

L’eventuale mancanza di uno specifico pacchetto disponibile, invece, in un sistema proprietario, non vuole dire che un analogo pacchetto non possa essere sviluppato anche per un sistema operativo libero, GNU/Linux tipicamente, i motivi per cui ciò può non succedere sono solamente commerciali oppure dovute a difficoltà generate dalla mancanza di collaborazione dei costruttori di hardware (leggi driver).

In questi ultimi anni siamo stati, e continuiamo ad esserlo, bersagliati da innovazioni continue e sempre più mirabolanti, in modo particolare la massiccia introduzione degli schermi touch sembra aver reso inutile la tastiera, mentre i vari smartphone, tablet etc. rendono, agli occhi dei più, improvvisamente obsoleto il classico computer domestico.

Dovrebbe essere comunque chiaro che tutti questi apparati sono in realtà dei computer veri e propri dotati di veste fisica diversa e interfaccia grafica forse più comoda ed intuitiva, ma l’intimo modo di funzionamento nonché di realizzazione del software continua ad essere quello esposto nei primi articoli.

Poiché Linux sembra non essere presente su questi ammiccanti apparati, è capitato di sentire dire che Linux è sorpassato, il che sarebbe anche naturale perché ciò che è gratis non può essere superiore a quello che si paga (!?).

Beh… qui si rileva ancora una volta, diciamo eufemisticamente, una certa confusione mentale:

Linux, ovvero il kernel di Linus Torwalds, è il kernel più impiegato nei dispositivi touch, infatti il sistema operativo Android, che già di per se è abbastanza libero, usa Linux, con opportune patch, come per altro fanno tutte le maggiori distribuzioni.

Su questa falsariga non ci si deve stupire se il sistema operativo della casa della mela ha adottato, dal primo OsX del 2000, uno Unix e un kernel derivato da quello libero della BSD (Berkeley Software Distribution). Per altro, la scelta di abbandonare il proprio sistema non deve essere stata fatta con leggerezza, ma probabilmente è stato trovato in BSD qualcosa di più adatto alle sfide del mercato e, in poche parole, tecnicamente superiore.

Inoltre, per dirla in due parole, se ne sentono di tutti i colori su GNU/Linux, qui di seguito riportiamo alcune perle che, da sole, dimostrano quanto poco la stragrande maggioranza degli utenti siano, se pur vagamente, consapevoli del mezzo tecnologico che usano magari con facilità e velocità.

Linux è difficile da installare..

Chi dice questo non ha mai installato un sistema operativo e avrebbe difficoltà ad installarne uno qualsiasi.

Linux è per smanettoni..

Forse era vero anni fa, ma ora si possono usare tranquillamente le moderne distribuzioni con la stessa facilità dei più diffusi sistemi proprietari.

E’ però vero che l’utente Linux da l’impressione di smanettare di più, ma questo è dovuto al fatto che è in genere più consapevole e curioso della media e tende a voler vedere cosa c’è sotto il cofano!

Linux funziona bene, ma è in Inglese..

Forse si riferisce alla shell, ma questa è semplicemente una interfaccia a linea di comando e non ha senso localizzarla nelle varie lingue, anzi il fatto che i suoi comandi abbiano radici inglesi è una garanzia di universalità e comprensibilità mondiale.

Per altro, tramite il comando alias, è facile costruirsi comandi in lingua, ma l’uso di alias a questo fine ha solo una valenza di semplice possibilità, ma, in effetti, non è di nessuna utilità.

Per altro alcuni manuali dei comandi della shell (le cosiddette pagine man), hanno varie localizzazioni (per l’Italiano vedi il pacchetto manages-it).

Per usare Linux bisogna conoscere linea di comando..

Vedi sopra.

.. Ora è inutile continuare su questa falsariga e confermare che GNU/Linux è senz’altro attuale ed in grado di reggere le sfide del futuro, e la sua scarsa diffusione non dipende certamente da una sua obsolescenza.

E qui abbiamo argomentato solo il lato desktop, tralasciando l’ambiente server dove il FOSS ha la predominanza da molti anni.

Il FOSS ha molti punti di forza che i parte ricordiamo

Innanzitutto dovrebbe essere chiaro che la disponibilità dei sorgenti è conditio sine quanon per la sicurezza, da tutti i punti di vista, di un software, sia esso un sistema operativo o un applicativo, questo non vuol dire che i sistemi FOSS non abbiano assolutamente questi tipi di problemi. Vale fra tutti la recente falla in openSSL denominata Heartbleed, falla per altro subito chiusa con tanto di ringraziamenti agli scopritori.

Nel caso di software proprietari tutto è però molto meno trasparente e, comunque, le correzioni dipendono dagli stessi che, per un qualsiasi motivo, possono non rilasciarle e, anche, nemmeno dare informativa sulle falle emerse.

Una indicazione sulla sicurezza nei sistemi GNU/Linux e Unix like in generale può essere facilmente dedotto da tutta la struttura dei permessi di accesso ad un file, struttura derivata da Unix, che, essendo nato in ambienti mainframe e sulla rete, doveva per forza interessarsi a questi aspetti, aspetti per lungo tempo e forse ancora, in secondo piano sul più diffuso sistema operativo desktop.

La stragrande maggioranza dei FOSS sono gratis e questo non ha solo ovvie ricadute economiche.

Questo vuol dire, ad esempio, che non c’è nessuna spinta commerciale a passare a versioni superiori, con tutto quello che ciò comporta, oltre all’esborso di danaro.

Citiamo come esempio l’aspetto ambientale: un software più moderno richiede spesso nuovo hardware con tutto ciò che comporta per il suo smaltimento, è insomma una continua e dispendiosa rincorsa fra hardware e software, quando spesso non c’è alcuna necessità, visto che molti utenti usano il pc per poche attività (internet, mail, social network) che non necessitano quindi di macchine particolarmente performanti.

Inoltre la varietà di sistemi operativi e pacchetti FOSS, permette il recupero di vecchi pc, che altrimenti andrebbero in discarica, si vedano le minidistribuzioni GNU/Linux, dalle quali, come di esempio, prendiamo SliTaz che occupa un centinaio di MB e funziona anche con 64 MB di ram.

Da non sottovalutare sono anche i risparmi dovuti alla caduta in verticale dei costi per cause giudiziarie, che sono, nel software proprietario, una componente non indifferente del prezzo finale che è stata stimata, forse in eccesso, del 20% e qui ricordiamo l’ultima causa fra due grandi produttrici di smartphone.

E’ bene però essere chiari: il FOSS è in genere gratis, ma le attività ad esso in qualche modo correlate, come il service o i corsi di formazione etc. etc. non lo sono, ma i costi totali sono senz’altro inferiori, e non di poco.

La disponibilità dei sorgenti e della documentazione specie in rete rende il FOSS adattissimo per usi scolastico-pedagogici, visto anche i numerosi applicativi presenti, se poi pensiamo alla costante penuria economica delle nostre scuole dovrebbe essere usato d’obbligo.

Ci preme citare qui come esempio le famose e costose LIM (lavagne interattive multimediali), ebbene ne esiste una versione libera fai da te di costo enormemente inferiore: WiildOs, che, oltre a girare anche su un semplice netbook, può essere adattata e modificata a proprio piacimento.

Ce chi in qualche modo paventa crisi occupazionali con una eventuale affermazione del FOSS, ma, di contro, qualcuno sostiene che proprio la disponibilità dei sorgenti renda il mercato più accessibile a molti più sviluppatori favorendo notevolmente la concorrenza, che, a questo punto, farebbe emergere il più bravo e non certo il più aggressivo commercialmente o colui che, per qualsiasi ragione, sia riuscito a piazzare per primo il proprio software, rimandiamo ancora al film I pirati della Silicon Valley.

Non è certo facile prevedere il futuro, ma notiamo solo che questo tipo di critica è sempre emersa in momenti di forti innovazioni tecnologiche e fa un po’ specie se viene da software house che, con i loro prodotti, hanno improvvisamente reso obsoleti certi mestieri, basti pensare alle segretarie ed impiegati vari con l’introduzione della office automation o agli uffici calcoli di aziende di progettazione, dove software, non certo avanzati come gli attuali, hanno di colpo più che decimato il personale.

I bassi costi del FOSS, essenzialmente gratis per l’utente privato, la completa apertura e la disponibilità di documentazione reperibile nonché la direi naturale tendenza dell’utente esperto ad aiutare il neofita, leggi forum, associazioni etc. rende il FOSS molto più accessibile anche a strati sociali e paesi meno fortunati di noi, il tutto evidenzia, se mai ce ne fosse bisogno, la profonda valenza sociale e socializzante del FOSS.

A questo punto viene spontanea una domanda: ma se il FOSS ha tutte queste qualità come mai non ha una diffusione nemmeno lontanamente paragonabile a quella del software proprietario?

Varie sono le ragioni, ne elencheremo qualcuna non in ordine d’importanza

– L’utente medio non è assolutamente interessato ad un uso cosciente del mezzo informatico e tende a vedere in esso un normale prodotto industriale senza nessuna implicazione di tipo non tecnico e men che meno sociale o morale. Questo le grandi software house l’hanno capito benissimo e hanno in tutti i modi favorito questo modo di pensare (o meglio di non pensare).

– La vendita di macchine con sistema operativo preinstallato è andata in questo senso chiudendo sempre più l’orizzonte dell’utente medio, per giungere perfino ad impedire l’installazione di GNU/Linux su pc con l’ultima versione del sistema operativo più diffuso sulle macchine casalinghe.

Se invece guardiamo all’utente pubblico ed industriale non bisogna sottovalutare l’azione di lobby nonché la forza dell’abitudine, che è probabilmente il maggior ostacolo culturale.

Ma in base a quanto sopra cosa succederà in futuro?

Non abbiamo certamente una risposta è anche possibile che il FOSS rimanga nel settore privato un prodotto di nicchia, ma, in definitiva chi può veramente fare qualcosa verso il software libero? Semplicemente la politica.

La legge c’è e allora?

A questo proposito riportiamo integralmenteModifiche apportate in sede di conversione al d.l. 22 del 22/6/2012 n. 83 art 68:1. Le pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o parti di essi a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato: a) software sviluppato per conto della pubblica amministrazione; b) riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione; c) software libero o a codice sorgente aperto; d) software combinazione delle precedenti soluzioni. Solo quando la valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico dimostri l’impossibilità di accedere a soluzioni open source o già sviluppate all’interno della pubblica amministrazione ad un prezzo inferiore, è consentita l’acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso. La valutazione di cui al presente comma è effettuata secondo le modalità e i criteri definiti dall’Agenzia per l’Italia Digitale, che, a richiesta di soggetti interessati, esprime altresì parere circa il loro rispetto“.

Sicuramente mancheranno i regolamenti attuativi etc. etc., ma sembra anche che non ci sia una vera volontà, per non parlare dei governi che cambiano, con persone e ministri giovani i quali, però, non sembrano avere le idee chiare se ostentano l’uso di prodotti che sono tutt’altro che FOSS, eppure i costi per le licenze software sono notevoli, si parla di un miliardo di euro annui!

La scuola è, a nostro avviso, il terreno più adatto per l’introduzione del FOSS, ma, a quanto sembra, in mancanza di direttive precise, ogni istituto si comporta come ritiene, e qui, ancora una volta, deve rilevarsi la notevole aggressività commerciale del software proprietario, che in tutti i modi cerca di introdursi nelle aule specie con prezzi di favore, che, comunque non sono nulli!

Si prenda ad esempio l’Istituto Majorana di Gela che è diventato un punto di riferimento italiano per il software libero mentre altri hanno seguito una via diametralmente opposta.

Anche a livello europeo si sta cercando di andare verso il FOSS, seguendo l’esempio di un grande comune come è quello di Monaco di Baviera, qui si possono avere tutte le informazioni.

Come già precisato non è facile capire come finirà, ma, in conclusione e per quanto ci riguarda, raccomandiamo a tutti gli utenti con un minimo di curiosità intellettuale e sociale, di avvicinarsi al FOSS e in modo particolare a GNU/Linux, magari facendosi guidare da uno dei numerosi LUG (Gruppi Utenti Linux), certi che, dopo le prime difficoltà, si spalancherà loro un mondo diverso ed un modo più consapevole e piacevole di usare queste meravigliose tecnologie che, senza retorica, hanno cambiato il nostro stile di vita e di comunicare.

 di Tullio Bertinelli  ☼