Città di Transizione

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transition towns rocks

La lunga lista delle difficoltà che la maggior parte delle città è in procinto di affrontare non è cosa da poco: le reti di trasporto sono in ginocchio un po’ ovunque; le risorse si disperdono nel trattamento dei rifiuti; la densificazione e l’urbanizzazione hanno divorato e stanno divorando molti degli appezzamenti disponibili e l’espansione in periferia, aumentando così la congestione delle reti di trasporto e viabilità; il cambiamento climatico pone rischi sconosciuti, ma comunque molto reali per gli agglomerati urbani e molti luoghi, terreni e beni immobiliari sono ormai accessibili solo ai grandi ricchi.

 

 
Chi ci ha portato così lontano…

Quelli che hanno immaginato e realizzato questo estremo urbano, pensavano a grandi hub di poteri economici globalizzati.

Ed eccole qua, queste città scintillanti che promettono e vendono sogni di successo e che continuano ad attrarre milioni di persone in tutto il mondo, che lasciano le loro case rurali per unirsi alla “sarabanda” di economie effimere, vibranti, volatili, impalpabili, ma vere dispensatrici di identità, le uniche rimaste, le uniche possibili, le uniche in cui specchiarsi per ritrovare un debole messaggio di rimbalzo, di un Sé più che mai solo.

Basta pensieri, responsabilità, preoccupazioni. Una nuova identità è quello che ci vuole, ma non una sola, una invece per ogni occasione, giusta su misura, ma non troppo impegnativa, il tempo di usarla un momento e via, archiviata.

Venite signori e signore, New York, Los Angeles, Monaco di Baviera, Francoforte, Parigi, Stoccolma, Toronto, Dubai, Milano, vi aspettano, affrettatevi.

Forse abbiamo raggiunto un punto di gran confusione, ma qualcuno inizia a parlare di intraprendere transizioni socio-ecologiche significative.

La prima parte di iniziative vengono dal basso, di cittadini motivati che si autoinvestono del ruolo di pionieri, preparandosi a una nuova società in cui la responsabilità, l’impegno e l’azione collettiva vengono reinventati in un nuovo compromesso socio-economico ed ecologico, i tentativi sono molti, fra questi i Social Street, che in certe città sono ormai un must.

C’è poi chi pensa già al Condominio come alla casa famiglia di tutti, in cui vivere, sposarsi, crescere i figli e invecchiare, condividendo dog sitter, domestiche, accompagnatori/trici, medico, fisioterapista, idraulico, eletticista, insegnante di canto, sarto, … l’agenzia del caro estinto. Insomma un super condominio in cui sentirsi al sicuro, in una variegata e stimolante famiglia allargata.

Ci sono anche realtà più impegnative e teoriche come il Transition Town Movement, che rilanciano un uso dell’immaginario collettivo, del rimboccarsi le maniche e iniziare col fare cose.

Le “Città di Transizione”, così la chiamano, ha avuto grande successo, soprattutto nel riunire differenti comunità e diffondere l’idea che il business-as-usual diminuirà certamente la qualità della vita urbana.

Ma il tessuto umano più adatto da contaminare è quello delle piccole e medie città, in cui l’azione civica collettiva trova terreno fertile piuttosto che le giungle anonime di cemento, in cui la maggior parte dell’umanità ha messo radici l’altro giorno e già se ne sta andando con la sua casa mobile, il fedele trolley multicolor, tappezzato di adesivi variegati uno per ogni città abitata.

Il secondo tentativo di transizione socio-ecologica urbana, ancora infante e instabile sulle gambe, ma senza dubbio con maggiori possibilità, è quello delle amministrazioni pubbliche locali o regionali, che spostando gli equilibri del potere globale verso i grandi agglomerati urbani, si prende la libertà di riconsiderare una propria strategia di sviluppo globale.

Le amministrazioni pubbliche sembrano dunque essere le più papabili ad allevare grandi cambiamenti radicali, incarnando il sogno di far risorgere dalle ceneri un mondo globale migliore.

Adriana Paolini

 

Linkografia

https://transitionnetwork.org/

 

I Principi del Movimento di Transizione (libera traduzione dalla pagina del sito)

Rispettare i limiti delle risorse e creare resilienza – L’urgenza di ridurre le emissioni di anidride carbonica, ridurre notevolmente la nostra dipendenza dai combustibili fossili e fare uso razionale delle risorse preziose è in prima linea di tutto ciò che facciamo.

Promuovere inclusione e giustizia sociale – Le persone più svantaggiate e impotenti nella nostra società sono suscettibili di essere più colpite dall’aumento dei prezzi del carburante e dei prodotti alimentari, carenza di risorse e di eventi meteorologici estremi. Vogliamo aumentare le possibilità di tutti i gruppi della società di vivere bene, in modo sano e con mezzi di sussistenza sostenibili.

Adottare la sussidiarietà (auto-organizzazione e processo decisionale al livello appropriato) – L’intenzione del modello di transizione non è quello di centralizzare il processo decisionale di controllo, ma piuttosto di lavorare con tutti in modo che sia praticato e più appropriato, pratico e adatto ad ogni livello.

Prestare attenzione a bilanciare – In risposta alle urgenti, sfide globali, individui e gruppi possono finire con il sentirsi stressati, chiusi o guidati, piuttosto che aperti, connessi e creativi. Creiamo spazi di riflessione, festa e riposo per contro bilanciare i tempi in cui invece stiamo lavorando. Esploriamo diverse modalità di lavoro che impegnano le meningi, le mani e il cuore e che ci consentono di sviluppare rapporti di collaborazione e di fiducia.

Far parte di una rete di apprendimento sperimentale – La transizione è una vita reale, un esperimento sociale globale in tempo reale. Essere parte di una rete ci permette di creare il cambiamento più rapidamente e in modo più efficace, sulla base delle reciproche esperienze e intuizioni. Vogliamo riconoscere e imparare dal fallimento, così come dal successo – se stiamo coraggiosamente cercando nuovi modi di vivere e di lavorare, non sempre sapremo farlo bene la prima volta. Ma saremo aperti circa i nostri processi e attivi nel cercare e nel rispondere positivamente al feedback.

Condividere liberamente idee e potenzialità – La transizione è un movimento di base, dove le idee possono essere prese rapidamente, ampiamente ed efficacemente, perché ogni comunità assume la proprietà del processo di se stesso. La transizione è diversa in luoghi diversi e vogliamo incoraggiare piuttosto che inutilmente limitare tale diversità.

Collaborare e cercare sinergie – L’approccio di transizione è quello di lavorare insieme come una comunità, scatenando il nostro genio collettivo affinché abbia un impatto collettivo maggiore di quello che possiamo avere come singoli individui. Cerchiamo opportunità per costruire partnership creative e potenti attraverso e al di là del movimento di transizione e per sviluppare una cultura di collaborazione, ricercando le connessioni che possono collegare tra loro i progetti, la creazione di processi decisionali aperti e la progettazione di eventi e attività che aiutano le persone a fare i collegamenti.

Favorire una visione positiva e creativa – Il nostro obiettivo primario non è di essere contro le cose, ma per lo sviluppo e la promozione di possibilità positive. Crediamo nell’utilizzo di modi creativi per incoraggiare la gente, a immaginare il futuro che vogliono abitare. La generazione di nuove storie è fondamentale per questo lavoro di “visione”, come lo è divertirsi e celebrare il successo.”