Ai Weiwei: l’arte si fa portavoce della resistenza contro l’oppressione

Pubblicato il 04 gennaio 2012 da redazione

“Senza libertà di parola non può esistere un mondo al passo coi tempi. Esso sarà solo barbaro e selvaggio”.

Questo il mantra di Ai Weiwei, artista contemporaneo, ma anche attivista per la democrazia e i diritti umani in Cina: un ideale, quasi uno stile di vita con cui, nonostante le repressioni del regime comunista, Weiwei svolge un instancabile lavoro artistico e sociale della durata, ormai, di oltre 30 anni. La sua storia non è facile: nato a Pechino il 18 maggio 1957 da Ai Qing e Gao Ying, entrambi letterati che per la loro aperta opposizione al regime maoista vennero internati nel campo di lavoro di Xinjiang, si trasferì già all’età di un anno presso Shihezi. Lasciò la città al compimento del suo sedicesimo compleanno per tornare a Pechino e, nel 1978, dopo il matrimonio con l’artista Lu Qing, iscriversi all’Accademia Cinematografica: qui fondò il gruppo Stars, una delle prime avanguardie artistiche cinesi, che, tuttavia, si sciolse nel 1983 quando Weiwei emigrò negli Stati Uniti d’America, solo dopo aver organizzato la prima mostra retrospettiva sul lavoro svolto dal gruppo dal titolo The Stars: ten years. A New York studiò alla Parson School of Design e alla Art Students League of New York, dove si impratichì con l’arte concettuale attraverso l’alterazione di manufatti già confezionati. A causa della cattiva salute di cui godeva il padre,  tuttavia, l’artista fu costretto a tornare in Cina nel 1993 e qui sovvenzionò gli esperimenti artistici di alcuni giovani pittori dell’East Village di Pechino: dal sodalizio nacquero i tre libri Black cover book, White cover book e Gray cover book. Anche il racconto di questa nuova generazione di artisti entrò a far parte, dal 1997, dei China Art Archives and Warehouse (CAAW), archivi di arte contemporanea e sede delle principali esposizioni culturali degli abitanti della Repubblica Cinese, co-fondati e disegnati da Weiwei stesso. Il suo studio personale vide invece la luce nel 1999, a Coachangdi: da questa data lo studio di architettura FAKE Design divenne la sede di progettazione dell’intero operato dell’artista d’opposizione, i cui guai iniziarono proprio allo scoccare del XXI Secolo. Nel gennaio 2007 Weiwei fu chiamato, in qualità di consulente artistico, a disegnare il Birds Nest, lo Stadio Nazionale di Pechino realizzato per le Olimpiadi 2008: nonostante la sua partecipazione ai lavori, che successivamente motivò con l’amore per il design, l’artista animò le proteste contro le Olimpiadi, distanziandosi successivamente dal progetto e accusando i coreografi della cerimonia d’apertura Steven Spielberg e Zhang Yimou di mancanza di responsabilità. Nel dicembre 2008, poi, Weiwei e un altro artista cinese decisero di voler dare un nome, fino ad allora taciuto, ai ragazzi rimasti coinvolti nella tragedia del sisma di Sichuan: dopo un anno di ricerche tutti i 5.385 nomi furono inseriti sul blog dell’artista che tuttavia venne fatto chiudere dalle autorità cinesi nel maggio 2009. Poco tempo dopo, a seguito di una manifestazione a favore delle vittime di Sichuan, Weiwei venne picchiato dalla polizia: ciò (forse) gli provocò un’emorragia cerebrale su cui un team di medici tedeschi intervenne velocemente, salvandolo. Ancora, nel novembre del 2010 la polizia cinese lo mise agli arresti domiciliari per aver organizzato una “festa di addio” in segno di protesta contro la demolizione del suo nuovo studio di Shanghai: Weiwei venne infatti accusato di aver costruito una struttura di 2.000 mq senza i necessari permessi, anche se furono proprio le autorità a insistere per realizzare una nuova area culturale cittadina. Il 2011 è stato l’anno in cui le rappresaglie del regime nei suoi confronti sono arrivate al più alto grado di sopraffazione: dopo la demolizione del sopracitato studio in gennaio, il 3 aprile Weiwei è stato arrestato all’Aeroporto di Pechino e condotto in una località tutt’ora ignota; contemporaneamente, circa cinquanta poliziotti sono entrati senza permesso in casa sua requisendo documenti, laptops e hard drives assieme a otto assistenti e alla moglie stessa dell’artista: motivo ufficiale di tale atto sarebbe stato, a detta del Ministero degli Affari Esteri, l’accusa di evasione fiscale ai danni dello Stato. L’incubo è durato fino al 22 giugno, quando Weiwei è stato rilasciato su cauzione: 81 giorni di detenzione durante i quali l’Europa e gli Stati Uniti d’America molto hanno fatto per protestare contro il suo insensato arresto. E’ di poco tempo fa l’ennesimo sopruso ai suoi danni: a novembre le autorità cinesi lo hanno accusato di detenzione e diffusione di materiale pornografico e, a questo proposito, hanno sequestrato sua moglie, costringendolo a pagare un’ammenda di 1 milione e 500 mila euro circa.

Ma nonostante tutto, Weiwei continua a resistere e lo fa dando libero sfogo a una creatività artistica molto apprezzata tanto in Europa quanto in America e Oceania: basti pensare che le sue personali hanno appassionato, dal 2008 a oggi, i cittadini di Gronigen, Sydney, Monaco di Baviera, Pechino, Tokyo, Glenside, Portland e Duisburg, mentre le sue collettive hanno toccato i templi dell’arte mondiale quali la 48esima Biennale di Venezia, la prima e la seconda Triennale di Guangzhou, la prima Biennale d’Arte Contemporanea Cinese di Montpellier, la Biennale di Busan, la quinta Triennale di Arte Contemporanea Asiatica e Pacifica, Documenta 12, la Biennale Internazionale 08 di Liverpool, la Biennale di Architettura di Venezia e la 29esima Biennale di Sao Paulo. La sua più coerente produzione artistica si lega  indissolubilmente ai suoi trascorsi personali col governo cinese: sono del 2007, per esempio, Fairytale e Template progetti presentati alla Documenta 12 di Kassel consistenti nell’ospitare, presso un ex dormitorio ricostruito dai Weiwei stesso, 1001 lavoratori, studenti, insegnanti e musicisti cinesi. Obiettivo dell’evento è quello di mettere in mostra le esperienze di vita, le storie e le vicissitudini di persone diverse ma unite contro le vessazioni del regime comunista. L’esibizione So sorry, invece, che si è svolta dal 2009 al 2010 all’Haus der Kunst di Monaco, critica le migliaia di scuse espresse recentemente da governanti, industriali e banche di tutto il mondo per le malefatte e le infrazioni a danno della società civile. Puntualmente, tuttavia, a tali scuse non segue un impegno reale da parte dei colpevoli: prova ne è l’installazione Remembering ideata da Weiwei e realizzata con i 9.000 zaini appartenuti agli studenti coinvolti nel terremoto di Sichuan, le cui vite sono andate sprecate nell’indifferenza della politica cinese. Ultima installazione degna di nota è stata Sunflower seeds, dal 2010 al 2011 alla Tate Modern Turbine Hall di Londra: il lavoro ha consistito nella realizzazione manuale di circa 100 milioni di semi di girasole di porcellana prodotti da 1.600 artigiani della città di Jingdezhen che, prima dell’avvento delle fabbriche, era il fiore all’occhiello della Cina nella lavorazione della porcellana. L’opera ha diverse chiavi di lettura: i semi rappresenterebbero l’unicità dell’individuo contro la massificazione alienante della società contemporanea, ma anche un velato riferimento a Mao Tse Tung, il girasole cinese.

di Clara Amodeo

Lascia un commento

Advertise Here

Foto da Flickr

Guarda tutte le foto

Advertise Here

LINK